CHALLENGERS

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CHALLENGERS
CHALLENGERS
Regia: Luca Guadagnino
Cast: Zendaya, Josh O'Connor, Mike Faist, Scottie DiGiacomo, Faith Fay
Genere: Drammatico
Durata: 131 min. - colore
Produzione: USA (2024)
Distribuzione: Warner Bros Italia
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Art e Patrick sono amici da quando avevano 12 anni, ed entrambi giocano a tennis sognando una carriera da professionisti. Ma quando in campo scende Tashi, la giocatrice più brillante della sua generazione, la loro amicizia viene messa alla prova dalla competizione per le sue attenzioni. Anni dopo, quando Art, che nel frattempo è diventato una star del tennis (ma sta ancora inseguendo il sogno di vincere gli US Open), partecipa a un challenger, ovvero un incontro di livello inferiore nel mondo dei tornei professionistici, si trova di fronte proprio Patrick, che nel frattempo si è perso per strada, riducendosi a dormire nella sua automobile. E sarà sempre Tashi l’ago della bilancia fra quei due sfidanti che “potrebbero essere contendenti”, parafrasando il Marlon Brando di Fronte del porto, ma potrebbero invece soccombere alla loro tendenza a tirarsi la zappa sui piedi. In realtà gli sfidanti sono tre, perché comprendono Tashi, la giovane donna volitiva e carismatica che sente il bisogno di controllare tutti e tutto – in primis i propri desideri.

Challengers, scritto dal drammaturgo e romanziere Justin Kuritzkes e diretto da Luca Guadagnino, è una esplorazione geometrica del desiderio che rimbalza come una pallina da tennis e colpisce gli avversari a 200 chilometri all’ora, quasi la velocità del proiettile.

Il triangolo non è l’unica geometria possibile, perché le figure si compongono e ricompongono in modo diverso.

Si fa prima a dire quello che Challengers NON è, a cominciare da “un film sul tennis”, perché Guadagnino racconta lo sport da profano, cominciando col togliergli una delle sue caratteristiche primarie, ovvero il silenzio durante i match, che il regista invade di musica elettronica (firmata da Trent Reznor & Atticus Ross, quelli di The Social Network) pulsante come il battito del cuore di due amici-rivali che solo sul campo riescono a veicolare i propri impulsi più profondi: non a caso il primo riff in scena richiama quello di “I feel love” di Giorgio Moroder. Del resto, come dirà Tashi, “il tennis è una relazione”, e Guadagnino lo usa in questa valenza: il fatto stesso di scegliere quello sport supremamente solitario e isolante per raccontare le regole (scorrette) dell’attrazione è intenzionalmente sovversivo.