PAOLO CONTE, VIA CON ME

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PAOLO CONTE, VIA CON ME
L'AVVOCATO INVENTORE DI MONDI SI RACCONTA IN UN'ELEGANTE, DOCUMENTATA MONOGRAFIA, TRA UN CORO DI COLLEGHI ED ESTIMATORI.
PAOLO CONTE, VIA CON ME
(id)
Regia: Giorgio Verdelli
Cast:
Genere: Documentario
Durata: 100 min. - colore
Produzione: Italia (2020)
Distribuzione: Nexo Digital
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Dagli esordi da vibrafonista all’innamoramento per il jazz, il trombone, il piano, fino alle canzoni prima scritte per altri e poi per se stesso, superando il pudore di interpretarle. E poi le amicizie di una vita, il favore inatteso ottenuto in Francia e poi in in tournée nei teatri di tutto il mondo: una carrellata di oltre cinque decenni di attività di Paolo Conte.

Il cantautore probabilmente più riservato della musica italiana si concede per la prima volta a favore di macchina, non per pavoneggiarsi ma per parlare di musica (“sono solo l’avvocato difensore dell’identità delle mie canzoni”), il che però a tratti lo porta anche aprire ad imprevisti ricordi intimi, come quando rievoca l’empatia materna a proposito di “Azzurro” o rivendica la grandezza dell’amico Enzo Jannacci.

Ciò detto, la più evidente delle tante qualità del film è saper cogliere con finezza la relazione tra la discografia di Conte – non caso anche pittore, come dimostra il progetto Razmataz – e il linguaggio cinematografico. Un amore ampiamente corrisposto, una relazione stretta, che non a caso ha ammaliato un grande pubblico con parole di splendida ambiguità, evocazioni di night club fumosi e sale da ballo, “la sensualità delle vite disperate”, la provincia che si fa mondo.

Un immaginario che arriva anche attraverso le smorfie da Popeye, i fuochi d’artificio dell’orchestra, mentre lui, il grigio, si dondola allo Steinway, tra assoli di kazoo e scat liberatori, come quello, celebre, che dà il titolo al film. Creatore di mondi, Conte dà l’illusione di vivere altre vite, spazi e occasioni, tra amori sognati e amari tracannati. Che sia la parte strumentale di Max o il giro di piano di “Via con me”, una magia che con la sua lingua rifinita e novecentesca e il suo charme ruvido e sornione ha ammaliato molti.

Verdelli non si limita, come spesso accade in produzioni di questo genere, ad accumulare brandelli di nostalgia ma va in profondità nella natura del suo oggetto di indagine, superando il già detto. Vedere, per credere, i due raffinati ritratti Pino Daniele – Il tempo resterà (2017, premiato con il Nastro d’argento) e Mia Martini – Fammi sentire bella (2019). Semmai scova, grazie soprattutto all’archivio RAI, momenti topici come la “tenzone” tra Benigni e Conte al Premio Tenco, il “tradimento” di “Via con me” (già colonna sonora di Tu mi turbi di Roberto Benigni) di Dalla e De Gregori e quella autorizzata, elettrificata, dei Marlene Kuntz di “Alle prese con una verde milonga”, il duetto – l’unico – con Jane Birkin (“Paolo Conte è sexy, per questo che i francesi lo adorano”), Patrice Leconte che lo accosta a Marcello Mastroianni.